giovedì 10 ottobre 2013
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lunedì 7 ottobre 2013
Seconda parte dell'incontro con Terry Gilliam 15\07\2013: Le domande del pubblico
Pensando a film come Monty Phyton e il Sacro Graal come è riuscito a trasformare l'inquadratura da semplice quadro a parte stessa dell'atto comico? Come fa a rendere attraverso il movimento di macchina una scena ancora più comica?
Non è facile rispondere ad una domanda così tecnica. Fondamentalmente in quel film raccontiamo delle barzellette; quello che voglio però dire a proposito di Sacro Graal è che sia io che Terry Jones siamo grandi fan di Pasolini. Nei suoi film si può davvero sentire, quasi annusare, il mondo che lui creava. Noi volevamo ricreare un Medioevo che fosse verosimile, serio, sporco e pieno di merda ma purtroppo il National Trust of England non era d'accordo con noi: avevamo scovato molti bellissimi castelli ma poco prima di iniziare le riprese ci hanno revocato il permesso di girare in questi luoghi poiché ritenevano che con la nostra comicità non avremmo rispettato la dignità di quegli edifici. L'ironia era quindi molto più pericolosa di tutte le torture nei secoli perpetrate all'interno di quelle sale (ride).
In assenza delle location abbiamo usato i cut-out adattando via via il copione alla nuova realtà che aveva assunto il progetto. Non c'è stato molto tempo per predisporre le inquadrature, abbiamo semplicemente girato.
All'inizio degli anni 90 lei aveva coltivato l'idea di realizzare un film da Watchman, il libro illustrato di Alan Moore (una versione cinematografica del libro è stata realizzata nel 2009 da Zack Snyder). continua a subire l'influenza di questo autore?
Io mi faccio spesso influenzare dalle buone idee e quando ho letto Watchman l'ho trovato brillante. Ricordo che Alan mi disse che sarebbe stato felice se il film lo avessi diretto io, almeno se le cose non fossero andate bene poteva darmi la colpa.
Negli anni 60 lei è riuscito a creare nuovi modi di comunicazione. Non trova che il teatro, come il cinema, oggi sembrino essere talvolta un po' lenti e distanti dalle nuove generazioni?
Il problema è che i giovani hanno assorbito troppo la cultura di Hollywood che troppo spesso ha propinato loro prodotti troppo semplici e uguali a se stessi. Forse ci vorrebbe un cambiamento radicale.
Quali sono i film che lei va a vedere al cinema?
L'ultimo film che ho visto in sala è stato Cattivissimo me che ho trovato molto arguto e divertente. Non guardo molti film ultimamente, ma passo più tempo a leggere, consiglio a tutti di leggere. L'ultimo libro che ho letto è stato Rumore Bianco di DeLillo. Quello che non mi piace del cinema di oggi è che non ci sono abbastanza idee nuove, mentre nei libri c'è un'unica voce che parla e ci sono ancora pensiero ed idee.
Da dove viene Tideland?
Il soggetto viene da un libro che l'autore mi spedì perché ne scrivessi qualche nota per il retro copertina, il mio commento fu "Fucking great!" e decisi di realizzarne un film. Credo sia una versione moderna di Alice nel paese delle meraviglie, ma molto più dark. Una storia che viene dal cuore, non dalla mente.
Quali sono i suoi film preferiti?
Cambiano ogni giorno, oggi rispondo 8 e mezzo, Pinocchio della Disney e Orizzonti di gloria.
Non è facile rispondere ad una domanda così tecnica. Fondamentalmente in quel film raccontiamo delle barzellette; quello che voglio però dire a proposito di Sacro Graal è che sia io che Terry Jones siamo grandi fan di Pasolini. Nei suoi film si può davvero sentire, quasi annusare, il mondo che lui creava. Noi volevamo ricreare un Medioevo che fosse verosimile, serio, sporco e pieno di merda ma purtroppo il National Trust of England non era d'accordo con noi: avevamo scovato molti bellissimi castelli ma poco prima di iniziare le riprese ci hanno revocato il permesso di girare in questi luoghi poiché ritenevano che con la nostra comicità non avremmo rispettato la dignità di quegli edifici. L'ironia era quindi molto più pericolosa di tutte le torture nei secoli perpetrate all'interno di quelle sale (ride).
In assenza delle location abbiamo usato i cut-out adattando via via il copione alla nuova realtà che aveva assunto il progetto. Non c'è stato molto tempo per predisporre le inquadrature, abbiamo semplicemente girato.
All'inizio degli anni 90 lei aveva coltivato l'idea di realizzare un film da Watchman, il libro illustrato di Alan Moore (una versione cinematografica del libro è stata realizzata nel 2009 da Zack Snyder). continua a subire l'influenza di questo autore?
Io mi faccio spesso influenzare dalle buone idee e quando ho letto Watchman l'ho trovato brillante. Ricordo che Alan mi disse che sarebbe stato felice se il film lo avessi diretto io, almeno se le cose non fossero andate bene poteva darmi la colpa.
Negli anni 60 lei è riuscito a creare nuovi modi di comunicazione. Non trova che il teatro, come il cinema, oggi sembrino essere talvolta un po' lenti e distanti dalle nuove generazioni?
Il problema è che i giovani hanno assorbito troppo la cultura di Hollywood che troppo spesso ha propinato loro prodotti troppo semplici e uguali a se stessi. Forse ci vorrebbe un cambiamento radicale.
Quali sono i film che lei va a vedere al cinema?
L'ultimo film che ho visto in sala è stato Cattivissimo me che ho trovato molto arguto e divertente. Non guardo molti film ultimamente, ma passo più tempo a leggere, consiglio a tutti di leggere. L'ultimo libro che ho letto è stato Rumore Bianco di DeLillo. Quello che non mi piace del cinema di oggi è che non ci sono abbastanza idee nuove, mentre nei libri c'è un'unica voce che parla e ci sono ancora pensiero ed idee.
Da dove viene Tideland?
Il soggetto viene da un libro che l'autore mi spedì perché ne scrivessi qualche nota per il retro copertina, il mio commento fu "Fucking great!" e decisi di realizzarne un film. Credo sia una versione moderna di Alice nel paese delle meraviglie, ma molto più dark. Una storia che viene dal cuore, non dalla mente.
Quali sono i suoi film preferiti?
Cambiano ogni giorno, oggi rispondo 8 e mezzo, Pinocchio della Disney e Orizzonti di gloria.
Caterina Liverani
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sabato 20 luglio 2013
INCONTRO CON TERRY GILLIAM (prima parte)
Sagace, irriverente e dalla
risata contagiosa. Un Terry Gilliam in forma smagliante ha incontrato pubblico
e giornalisti lo scorso 15 luglio alla terrazza del Teatro Romano di Fiesole
poco prima di ricevere il Premio Fiesole
ai Maestri del Cinema conferito dal Sindacato Nazionale Critici
Cinematografici Italiani. Il regista americano, che ha scelto di vivere e
lavorare in Inghilterra dalla fine degli anni 60 arrivando nel 2006 a
rinunciare alla cittadinanza statunitense, è stato al centro di una tavola
rotonda alla quale oltre al numeroso pubblico di appassionati sono intervenuti
critici cinematografici, intellettuali e artisti della scena fiorentina. Gilliam
ha ripercorso la sua carriera dalla co-fondazione dei Monthy-Pyton nel 1969
fino a The zero Theorem suo ultimo lavoro da regista soffermandosi
sulla sua personale visione del cinema e della realtà.
Anna Antonini,
storica del cinema specializzata in film di animazione ha cominciato proprio
dagli esordi di Gilliam come illustratore: Da sempre lei riesce ad integrare
perfettamente cinema di animazione e cinema dal vero e per molto tempo ha
utilizzato effetti speciali di tipo tradizionale come modellini e trucco per
poi passare al digitale. Come ha mediato questo cambiamento?
T. G.: Non è facile rispondere perché in realtà non mi interrogo molto su come
fare le cose, semplicemente le faccio. È qualcosa di molto pratico: se ho
un’idea la disegno e poi ne discuto con i miei collaboratori. Non c’è nessuna
magia, solo un lavoro molto lungo e a tratti noioso. A questo proposito ritengo
che per un regista sia fondamentale imparare a svolgere tutti i lavori che
devono essere fatti su un set, al fine di comunicare meglio con le altre
persone.
Sergio Staino ha
ricordato l’impatto che l’umorismo dissacrante dei Monthy Python, di cui
Gilliam è stato tra i fondatori e animatori dal 1969, ha avuto sulla satira
contemporanea: La nostra satira, in particolar modo quella politica, deve molto al
lavoro dei Monthy Python. Un film come Il senso della vita ha recuperato un
elemento fondamentale nell’umorismo: la goliardia. Questo gruppo di comici è
riuscito a fare satira sulla nascita, l’amore, il sesso, la morte.
T. G.: Forse è proprio grazie all’influenza dei Monthy Pyton sulla comicità
italiana che un personaggio comico come Silvio Berlusconi ha ottenuto tanto
successo (ride). Il suo umorismo ha
da sempre grande successo in Inghilterra, spesso ci siamo divertiti a ridere di
lui, un po’ meno spesso a ridere con lui.
Claudio Carabba:
Nel
suo cinema ricorre spesso il tema del destino e del libero arbitrio.
T.G.: Mi sembra che il mondo stia diventando sempre più piccolo a causa dei
media, della politica e di un certo pensiero semplicistico. Nei miei film ho
sempre cercato di innescare il meccanismo opposto e di renderlo quindi più
grande incoraggiando la gente ad essere intelligente e a decidere il proprio
destino. Vorrei che gli spettatori vedessero la realtà in modo diverso così da
avere più possibilità di scelta e capire che l’importante è continuare a
combattere per ciò in cui si crede, anche se non sempre si vince.
Riccardo Ventrella: Tra i temi che più mi affascinano nel cinema di Terry Gilliam ci sono
quelli del sogno e del viaggio nel tempo; spesso i suoi protagonisti sono
costretti a porsi delle domande sul mondo in cui vivono. D’altra parte penso
alle difficoltà e alla fatica patite da questo autore nel tentativo di portare
avanti i suoi progetti che sono diventate persino soggetto cinematografico con
Lost in La Mancha (il documentario realizzato da Keith Fulton e Luis
Pepe nel 2002 che racconta il fallimento delle riprese di un adattamento
cinematografico del Don Quixote). Che rapporto c’è tra il sogno e la fatica
nel suo lavoro?
T.G.: Ho passato gran parte della mia vita a convincere i produttori a darmi
dei soldi e il più delle volte non ci sono neanche riuscito (ride). Attualmente si trascorre troppo tempo in
cerca di finanziamenti e troppo poco a girare perchè il sistema sembra aver
paura delle idee interessanti. Succede che purtroppo i film di maggior spessore
si finisce per vederli solo all’interno dei festival mentre i cinema di città
propongono blockbuster hollywoodiani.
Io incoraggio i giovani cineasti a proseguire nel loro
intento di fare il loro cinema, così come lo pensano e lo sognano. Bisogna
essere ossessionati, quasi posseduti, dalla propria idea di cinema.
Edoardo Semmola:
Una figura come quella del Barone di
Munchausen, che si ribella alla logica e alla ragione può sopravvivere nella
contemporaneità?
T.G.: Negli ultimi 20 anni a dominare sono stati dei banchieri tutti molto
razionali ed il risultato è che attualmente stiamo vivendo un periodo di seria
crisi, forse è il momento giusto per scoprire il ridicolo e l’irrazionalità. Si
può essere molto irrazionali e al contempo molto intelligenti.
Augusto Sainati: Il
suo cinema si nutre di spunti che giungono dagli universi più disparati creando
un disordine che diventa incandescente. Qual è il percorso che porta questa
ricchezza di suggestioni alle sue inquadrature così debordanti ma al tempo
stesso ordinate?
T.G. Non credo di
essere un cineasta così bravo in questo senso: parto con delle idee precise e
una sceneggiatura, poi però faccio degli errori girando che tentiamo di
aggiustare nel montaggio. A quello di cui parla lei ci arrivo proprio perché
non sono bravo e commetto degli errori.
Nicola Pecorini amico
e direttore della fotografia da Paura e delirio a Las Vegas fino a The
zero theorem: Lavorare con Terry è come cavalcare un mulo
selvatico. Ha 1000 idee nuove ogni giorno tanto che ho preso l’abitudine di
appuntarmele perché so che un secondo dopo se ne dimenticherà. Dalle sue
contraddizioni poi però nascono le soluzioni. The zero theorem è molto legato
all’universo di internet e alla mancanza di una ricerca di comunicazione fra
gli individui. So che Terry non vuole che se ne parli ancora, io posso solo
dire che c’è un Christoph Waltz straordinario.
Caterina Liverani
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