domenica 15 gennaio 2012

Look like Kim in 9 weeks and half

Ho sempre trovato che 9 settimane e mezzo fosse un gran film. In generale io amo tutti i film di Adrian Lane per la loro potente qualità visiva, l'attenzione al dettaglio e alla fotografia (probabilmente un retaggio del suo passato in pubblicità), e ritengo che, al di là del contenuto costituiscano un'esperienza visiva molto interessante.

L'aspetto di 9 weeks and half sul quale in questo pigro post domenicale mi voglio soffermare è lo strepitoso look di Kim Basinger nel film.


Prima cosa che mi fa impazzire: il trucco! Smokey eye più nero che grigio solo sulla palpebra inferiore e sopracciglia quasi invisibili. Non mi viene in mente nessun'altra alla quale potrebbe stare così bene.





Labbra: talvolta nude, talvolta rosse, ugualmente spettacolari e voluttuose.



Seconda cosa: le mani. Kim non ha delle mani femminili, sono piuttosto grandi e nervose, le si vedono molto i tendini, e neanche le unghie hanno una forma regolare, ma in questo film sono perfette con la loro manicure rossa fuoco che spuntano dai cappotti, dalle giacche rigorose e dai maglioni sformati di Lizzie (il personaggio della Basinger) per posarsi sul misterioso John (Mickey Rourke). 


Terza cosa: il guardaroba di Lizzie. Maglioni oversize, tailleur rigorosissimi dai quali spuntano le sue gambe chilometriche, camicie di flanella o di seta, impermiabili e cappelli.














 Facendo qualche ricerca ho notato che qualcuno ha anche preso ad esempio il look di Kim per creare degli azzeccati raffronti col presente (anche se non capisco l'inserto di Batman....)




Concludendo, mi rendo perfettamente conto che 9 settimane e mezzo è entrato nell'immaginario collettivo per ben altri motivi:






Ma ritengo che a prescindere dal forte contenuto erotico,  abbia, come quai tutti i film, più di una chiave di lettura che vale la pena di essere approfondita (sicuramente con una precisione che io non ho applicato in questa pigra digressione modaiola).

A presto!

venerdì 13 gennaio 2012

Coriolanus



Quando si parla dell’adattamento in chiave moderna di una grande opera del passato si è soliti citare questa affermazione di Betold Brecht: «Per rispettare davvero i classici, non dobbiamo lasciarci intimidire da loro, bensì ascoltarli con orecchio fresco e nuovo». Sembra, secondo le prime critiche, che la lezione del drammaturgo tedesco sia stata ben applicata da Ralph Finnes che ha esordito alla regia con una versione cinematografica di Coriolano di William Shakespeare.




Spostando l’ambientazione dalla Roma pre-imperiale alla guerra in Bosnia, Finnes ha diretto, interpretando il ruolo del protagonista, quello che è stato definito “un aggiornamento brillantemente brutale della tragedia di Shakespeare”. Per raccontare la storia del condottiero romano Finnes ha voluto a suo fianco Vanessa Redgrave nel ruolo della madre Volumnia, Jessica Chastain (Virgilia, moglie di Coriolano) e un inedito Gerlald Butler per la parte di Tullio Aufidio.



L’adattamento della tragedia curato da John Logan (L’ultimo Samurai, Il Gladiatore), contrariamente al metodo adottato da Kenneth Branagh e da Laurence Oliver prima di lui, sembra essere caratterizzato da una generale volontà di elisione di alcuni ruoli e di diverse porzioni di testo (solo le battute di Volumnia\Vanessa Redgrave sembrano essere quasi intatte). La fotografia di Barry Ackroyd (United 93, Greene Zone, The Hurt Locker) dalle 
sequenze inserite nel trailer  spoglia la storia di qualsiasi riferimento al classicismo delle rivisitazioni cinematografiche shakespeariane a cui siamo abituati in favore di un realismo sorprendente, degno di un action movie.



Un ruolo, quello di Coriolano, già affrontato da Finnes sul palcoscenico nel 2000 e che, ha dichiarato in una recente intervista ad un quotidiano inglese in occasione della premiere del film in UK, lo ossessiona da allora:«Qualcosa di questo ruolo mi si è appiccicata addosso e non se ne è più andata.» L’attore, proveniente da una numerosa famiglia di artisti – oltre al fratello Joseph (Shakespeare in love, Il Mercante di Venezia) anche la sorella Martha è una regista cinematografica- ha anche parlato del suo primo approccio a Shakespeare: «Mia madre (la scrittrice Jennifer Lash) me lo ha fatto conoscere quando ero ancora molto piccolo: mi raccontò con le sue parole la storia di Amleto che mi impressionò fortemente. Poi mi regalò dei nastri con le registrazioni dell’interpretazione di Laurence Olivier; non capivo tutto ma ero rapito da quella voce.»
Finnes che presto vedremo nell’adattamento del romanzo di Charles Dickens Grandi Speranze targato Mike Newell (4 matrimoni e un funerale Donnie Brasco, Harry Potter e il calice di fuoco), maneggiando del materiale evidentemente conosciuto, valutato e già sperimentato in ambito teatrale, ha esordito a 49 anni con la regia di un’opera che si distingue a detta dei critici per la sua chiarezza e intelligenza, per le scene accattivanti e per una raffinata attenzione al dettaglio. Sulla scelta di una trasposizione in chiave moderna per un’opera fra le più complesse e difficilmente classificabili delle letteratura elisabettiana inglese l’attore regista ha spiegato:«Le cose che accadono in questa tragedia potrebbero accadere anche ora ed io volevo che il pubblico stabilisse una connessione immediata con questa storia che indaga la relazione fra l’autorità e il potere e i sentimenti da cui essi sono governati.»