giovedì 28 marzo 2013

Incontro con Jeon Do-youn


Jeon Do-youn volto nuovo del cinema orientale, vincitrice della Palma d’oro come miglior attrice a Cannes nel 2007 è protagonista di una retrospettiva dei suoi film al Korea Film Fest. Versatile e anticonformista l’attrice ha risposto alle domande dei giornalisti fiorentini in un incontro all’interno dello store di Luisa Via Roma.



D: Il riconoscimento a Cannes nel 2007, per quanto prestigioso, ha comportato un aumento di responsabilità?
R: Sì, un po’ di pressione è normale avvertirla ed è stato un capitolo importante, ma a me piace andare sempre oltre. È un riconoscimento di prestigio ma non è un punto d’arrivo, bensì una nuova partenza.

D: Il riconoscimento a Cannes nel 2007, per quanto prestigioso, ha comportato un aumento di responsabilità?
R: Sì, un po’ di pressione è normale avvertirla ed è stato un capitolo importante, ma a me piace andare sempre oltre. È un riconoscimento di prestigio ma non è un punto d’arrivo, bensì una nuova partenza.



D: Il suo esordio come attrice televisiva ha condizionato la carriera nel cinema?
R: Come in Europa anche in Corea c’è un certo pregiudizio verso gli attori che hanno esordito in tv. Io ho cercato di affermarmi come attrice cinematografica sfruttando le capacità che avevo acquisito, come ad esempio l’improvvisazione.

D: Come vive il divismo?
R: Non penso mai a questo aspetto, vivo una vita molto semplice coltivando un sentimento di immensa gratitudine per i miei colleghi attori e per i registi. In Corea i fans creano dei veri e propri idoli con l’immagine che hanno dei loro beniamini, ma per ciò che mi riguarda, pur riconoscendo che la celebrità fa parte del mio lavoro, preferisco concentrarmi su altro.

D: Ci sono temi sociali che le piacerebbe afforntare?
R: Più che la tematica quello che mi interessa è il significato complessivo di un’opera. Accetto un progetto se lo ritengo artisticamente valido e con del potenziale, a prescindere dall’argomento che si propone di trattare.



D: Quali generi cinematografici vorrebbe sperimentare in futuro?
R: Ho lavorato in 14 film prevalentemente drammatici e mi piacerebbe cimentarmi nell’action o nella commedia.

D: Cosa pensa dei suoi colleghi connazionali che hanno iniziato a lavorare in produzioni hollywoodiane?
R: Stimo tutti i miei colleghi che hanno lavorato in produzioni hollywoodiane, ma non ritengo l’approdarvi una diretta conseguenza dell’affermazione come attrice. Nel mio caso ci sarebbe oltretutto una barriera linguistica e recitare è prima di tutto comunicare. Rimane però una possibilità che non escludo.

R: Cosa pensa del ruolo della donna nel nuovo cinema coreano?

D: Trovo che i nostri registi ultimamente si siano interessati sempre di più all’universo femminile, e questo è sicuramente un cambiamento.



R: Con quale regista europeo le piacerebbe lavorare?
D: Ci sarebbe l’imbarazzo della scelta! (ride)! Ad una festa ho conosciuto Pedro Almodovar, adorerei lavorare con lui.
D) A quale personaggio tra quelli da lei interpretati è più affezionata?
R) Davvero difficile rispondere. Un ruolo che mi è rimasto nel cuore è quello di Happy End di Ji-woo Jung.