venerdì 28 dicembre 2012

Unconventional Beauty: Carmela Soprano (Edie Falco)










Sono ancora innamorato di Edie, certo amo mia moglie, ma sono ancora innamorato di Edie. In realtà non so se sono innamorato di Edie o di Carmela o di entrambe, ma sono ancora innamorato di lei. James Gandolfini


mercoledì 26 dicembre 2012

Ipse Dixit #2 Jane Birkin






Dormivo vicina a John Barry e tenevo sul comodino una matita per occhi. Me la mettevo appena sveglia perché avevo paura che se lui mi avesse vista senza trucco non mi avrebbe trovata abbastanza bella.



lunedì 24 dicembre 2012

Francis Bacon, L'autoritratto o la visione del tempo

Per molto tempo non sono stata amante dell'arte contemporanea, perché non riuscivo proprio a capirla. Fu una docente all'università ad illuminarmi: non volevo capirla perché non la trovavo rassicurante. Dopo qualche studio che mi ha aiutata ad approfondirla ho scoperto che invece è qualcosa che mi piace e mi incuriosisce. Ovviamente però ho delle preferenze ed ammetto candidamente che Francis Bacon non è tra quelle. Ma è proprio per questo che ho voluto saperne di più, credo che la volontà di capire e conoscere anche ciò che in un primo momento ci sembra difficile e lontano da noi sia più importante della mera curiosità, credo sia il vero motore che porta ad un cambiamento, un'evoluzione.
Ecco alcuni degli punti di riflessione più interessanti di una lezione tenuta dal critico e filosofo Federico Ferrari (http://federico-ferrari.blogspot.it/) nell'ambito delle iniziative legate alla mostra Francis Bacon e la condizione esistenziale nell'arte contemporanea di Palazzo Strozzi a Firenze fino al 27 gennaio

E' difficile parlare dell'opere di Bacon, poiché il suo gesto artistico è uno dei meno intellettualizzabili, è difficile cogliere cosa lui facesse nella sua pratica artistica. Quello che mi ha sempre colpito è la sua capacità di mostrare la presenza vivente dei corpi, non in modo rappresentativo (re-presentativo, che presenta nuovamente). Il suo tentativo è piuttosto quello di presentare la vita nella sua crudezza e brutalità, quello che Heidegher chiamava "esistenza", come qualcosa che contiene in sé la questione stessa dell'essere.



Cercare di cogliere l'essenza della vita come qualcosa che stava nelle persone davanti a lui in quel momento, o, nel caso dell'autoritratto, in sé stesso


Oggi, proprio qui a Palazzo Strozzi ho avuto modo di vedere I quattro elementi di Ziegler


una delle opere più note della pittura nazional socialista, con la sua idealizzazione del tipo ariano e insieme del nudo. Tutto questo in Bacon non c'è e semmai il problema è invece l'opposto: lui ripeteva spesso di non avere un metodo e di disprezzare l'Accademia. Il suo problema era iniziare un quadro senza sapere come lo avrebbe finito


Questo fa apparire qualsiasi volontà di critica sul suo lavoro una forzatura e un fraintendimento.
La questione però è un po' più complessa.

La pittura di Bacon, specialmente se si prendono come riferimento gli incompiuti, ha un importante valore documentario in quanto dimostra come il quadro non c'è, ovvero non c'è fino al suo momento conclusivo, ma è la prassi pittorica che costruisce l'essenza del dipinto.
Bacon diceva di sé stesso di non essere un realista, ma al tempo stesso non è nemmeno un'espressionista.


Il suo tentativo è quello di trovare una singolarità nel soggetto che sta di fronte a lui all'interno della quale le regole sono sospese, questa è la ragione per la quale la sua pittura è così potente e inimitabile, cercando la singolarità manda in corto circuito l'armamentario teorico.


Nelle sue opere mostra il punto in cui il sapere pittorico fallisce, "io non so" è un ritornello che ritorna spesso nelle sue interviste.

Nei ritratti e negli autoritratti emerge il suo tentativo di cogliere il sé, la sua identità, vedere chi si è realmente, afferrare il proprio volto sottraendosi all'immagine stereotipata che la società ci rimanda ogni giorno.


Non è un caso infatti che per i suoi ritratti e autoritratti Bacon parta spesso da delle fotografie, spesso proprio da delle fototessere che per loro natura sono realizzate per dei documenti di identità.



Il suo punto di partenza era quindi ciò che identifica il soggetto normalmente, come un documento per arrivare a sottrarre l'individuo dalla sua identificazione, dalle sue generalità. Non è un caso che i ritratti o gli autoritratti siano spesso "serie", poiché l'identità non è mai unica.



Il luogo in cui l'identità vacilla comincia a sgretolarsi ed a incontrare il suo punto di fuga. Si parte da un'identità definita per arrivare ad un'altra figurata e disegnata attraverso la pratica artistica. Bacon sottrae il suo volto al cliché



Il volto non è più un'identità ma un'insieme di forze e pulsioni.

martedì 18 dicembre 2012

Moneyball L'arte di vincere (Appunti)




  • Bradd Pitt e Jonah Hill sono una coppia strana ma che funziona alla grande, la loro sintonia aumenta sequenza dopo sequenza.



  • Pur trattando di sport il film si svolge in prevalenza sempre in ambienti chiusi (uffici, sale riunione, case, spogliatoi, anticamere.)






  • Noi vediamo l'azione più o meno quanto la vede il protagonista, che non va mai alle partite ma si fa aggiornare via sms.
  • Lo sport giocato lo si vede nell'ultima parte, ma in modo frammentario.
  • Brad Pitt caratterizza il personaggio di Billy Beane realizzando una delle sue performance più felici (assomiglia sempre di più a Robert Redford).
  • Il baseball è giocato nel dialogo: lancio\botta, ricezione\risposta.
  • Un film sul baseball, più precisamente sul mercato del baseball, potenzialmente noioso che in realtà è brillante, completo, saggio.
  • Jonah Hill è sempre vestito appropriatamente, Brad Pitt indossa vecchie t shirt e giacche sportive stazzonate e macchiate.


  • Si fa spesso riferimento all'età dei protagonisti: sono atleti, e da questo punto di vista vulnerabili ed esposti.
  • 2 momenti: la figlia di Billy che suona la chitarra cantando The Show e lo sguardo di Chris Pratt nel ruolo del giocatore con il polso fuori uso un secondo dopo aver ricevuto la telefonata dalla società Oakland A.


lunedì 17 dicembre 2012

Ipse dixit #1 Liliana Cavani su Mickey Rourke


Mickey Rourke ieri


E' un personaggio incredibile che la critica ha sempre trattato in maniera inadeguata, anche per il suo passato con la boxe. La verità è che lui viene dall'Actor Studio, dove ha insegnato per 6 anni.
E' un uomo che ha delle debolezze ed è simpatico proprio perché le ha. Lavorando con lui ho scoperto che è uno dei più bravi attori che abbia mai incontrato. Un aneddoto: una mattinavado sul set con l'idea di cambiare una battuta che era troppo lunga. Al mio arrivo Mickey era dentro la sua roulotte e da fuori lo sentii provare e riprovare proprio quella battuta che io volevo cambiare. Ci stava lavorando così bene che ho deciso di tenerla come era, andava bene.

Oggi


Lo paragono a John Malkovich, un attore eccezionale ma con la tendenza a credersi un padreterno, dal quale non ho mai ricevuto affetto poiché gli manca, secondo me, l'umanità di un Mickey Rourke che per la voglia di condividere ciò che è suo con i suoi amici da ricco diviene povero. La sua umanità è bella, è una persona generosa alla quale si applica volentieri questo aggettivo. (Liliana Cavani a proposito di Mickey Rourke)

Liliana Cavani

domenica 16 dicembre 2012

Love is all you need

Ida (Trine Dyrholm) è un' inguaribile ottimista. Ancora non sa se si è completamente ripresa da un tumore al seno ma quando il suo medico le chiede se ha intenzione di sottoporsi ad una mastoplastica additiva lei afferma che suo marito Leif, con il quale ha 2 già figli grandi, non bada all'aspetto fisico. Anche quando pochi giorni dopo scopre il suo amorevole consorte impegnato in un rapporto sessuale con la sua giovane contabile sul divano del salotto non crede che la loro storia sia in fondo al capolinea. E' un viaggio in Italia a rimescolare le carte nella vita di Ida; la figlia Astrid sta infatti per convolare a nozze con il fidanzato, dopo soli 3 mesi dal loro incontro, nella bellissima villa del padre di lui a Sorrento. L'incontro tra Ida e il futuro cognato Philip (Pierce Brosnan) avviene in modo burrascoso all'aeroporto di Copenaghen. L'uomo, un burbero imprenditore che non si è mai del tutto ripreso dalla scomparsa della moglie, sembra a tutta prima non apprezzare troppo i modi naif della donna dimostrandosi piuttosto scontroso. Al loro arrivo a Sorrento le cose cominciano a cambiare, e Philip, mentre cerca di tenere a bada le attenzioni dell'eccentrica cognata Benedikte, comincia lentamente a subire il fascino discreto e gentile di Ida, arrivando lentamente ad aprirsi e a confidarle le sue ferite.



Il soggiorno italiano non porterà cambiamenti solo nei cuori di Ida e Philip, infatti l'arrivo di Leif e della sua nuova compagna e i dubbi dei due futuri sposi sono solo alcuni dei colpi di scena di questa romantica storia danese ambientata sotto il sole della penisola sorrentina.



Un Cine-Brune Kager (a dispetto della pronuncia, gustoso piatto tipico natalzio danese a base di farina, zenzero e mandorle, letterlamente Pane di Natale allo zenzero), il nuovo film di Susanne Bier che dopo il drammatico In un mondo migliore, vincitore dell'Oscar come miglior film straniero nel 2011, tenta la strada della commedia romantica con l'aggiunta della star ed ex 007 Pierce Brosnan. Love is all you need parte con delle buone premesse, come il percorso di guarigione di una donna dopo una grave malattia, il reinventarsi dopo i 50 anni e la scoperta di un amore maturo, senza però decollare rimanendo un grazioso quadretto di buoni sentimenti su uno sfondo da cartolina.



A presentare la pellicola in anteprima al Cinema Portico di Firenze la protagonista del film, passato Fuori Concorso nell'ambito della 69esima Mostra del Cinema di Venezia, Trine Dyrholm che ha raccontato i retroscena della sua seconda esperienza sotto la direzione di Susanne Bier: Qu,ando Susanne, con la quale avevo già lavorato in In un mondo migliore, mi ha proposto una commedia romantica da girare in Italia in compagnia di Pierce Brosnam ho pensato che tutto sommato era uno sforzo che potevo sostenere (ride). Sono molto affezionata a questo film, mi è rimasto nel cuore insieme all'Italia. 




Ho cominciato la mia carriera come cantante a 14 anni partecipando all'Eurovision. A 17 anni ho fatto il primo film ed ho deciso che dovevo studiare recitazione, lasciando da parte il canto.
Ho avuto la fortuna di lavorare anche molto in teatro, giusto 2 anni fa ero qua a Firenze al Teatro della Limonaia per Intercity con uno spettacolo tratto da un monologo di Sarah Kane. 

Susanne Bier è una regista di grande talento che mi ha dato la possibilità di mettermi alla prova con 2 ruoli diversi e molto intensi. Mi sono divertita moltissimo a girare Love is all you need, ricordo che ero su una barca a Capri, vicino a Pierce che ha interpretato 007 in molti film e mi sono sentita come una bond girl, forse un po' attempata e grassa (ride). 
Quando ho incontrato Pierce Brosnam la prima volta ero un po' intimorita, perché lui è un'icona e alla prima lettura del copione ricordo che mi ha messa subito a mio agio, è una persona molto semplice e molto disponibile. Ha un gran senso dell'umorismo.

Siamo entrambi ingrassati durante il mese che abbiamo trascorso a Sorrento ed è stato tragico perché i costumi ci andavano stretti e non riuscivamo a chiudere i bottoni (ride).
Il film è stato passato a Venezia ed è andato bene, ora c'è un po' di ansia perché sta per uscire in Italia, il paese in cui è stato girato. Sono molto orgogliosa di questo film è spero tanto che piaccia al pubblico italiano.

Il film uscirà nelle sale il 20 dicembre.


venerdì 14 dicembre 2012

007 Penguin

Sono una grande appassionata di libri, non solo di letteratura, ma proprio dell'oggetto libro. Per questo sono sempre molto attenta alla forma, all'impaginazione e soprattutto alla cura nella composizione della copertina.
In questo senso la casa editrice che preferisco è sicuramente l'inglese Penguin: fantasia, eleganza e attenzione al dettaglio. Visito spesso il loro sito e mi piace guardare le immagini delle loro copertine storiche, ed è così che ho scoperto questa splendida riedizione uscita nel 2008 delle opere di Ian Fleming, padre letterario di 007, ad opera di Michael Gilette, visual artist inglese.












Sono tutti disegni bellissimi, sexy e ammiccanti come i dialoghi di un film di James Bond. Sul blog di Michael Gilette http://pencilsqueezing.blogspot.it/ potete trovare altri studi sul tema Bond oltre a molto del materiale di quest'artista che gioca così abilmente con elementi pop, design e più classici. Particolarmente belli i suoi ritratti.

A presto!

mercoledì 12 dicembre 2012

TESTIMONIANZE DI PRESENZA parte 2

Seconda parte dell'incontro con Giovanna Calvenzi sull'autoritratto al femminile.

Aglae Bory




Impegnata nel raccontare il suo status di madre single, mettendo insieme i momenti topici che deve affrontare tutti i giorni, ponendo lo spettatore non nella posizione del voyeur, ma di osservatore, invitato e complice, questa giovane artista francese realizza tutti i suoi autoritratti insieme alla figlia. In tutte le immagini è rintracciabile il filo dello scatto flessibile, a ricordarci che è lei a comandare l'immagine.


Marina Cavazza




Nata a Milano e cresciuta a Roma lavora in giro per il mondo.  Dopo il trasferimento con il marito e i figli in Svizzera trasforma una sorta di straniamento in autoanalisi visiva, cercando una propria identità in una dimensione nuova. Alle spalle di questa ricerca c'è a mio avviso una sofferenza che cerca nella fotografia la ricomposizione di un momento di difficoltà.


Tomoko Sawada

Utilizza sempre e solo se stessa arrivando a fotografarsi anche con 400 identità diverse con progetti che cercano di andare alla radice dei problemi radicati nella cultura giapponese.


Molti gli studi sul rito del matrimonio, nel quale allo sposo vengono mostrate foto della futura moglie sia in abiti tradizionali che occidentali.


Una volta lei stessa mi ha raccontato di come la scuola in Giappone sia la strada attraverso la quale passa la costruzione del futuro di chiunque, in un modo abbastanza massificante. In queste foto di classe ogni bimba è interpretata da lei stessa.



Nel suo volto da eterna bambina sta la chiave di questo suo incredibile trasformismo e la capacità di interpretazione della cultura giapponese.



Moira Ricci

Da sempre impegnata a lavorare su se stessa e la sua immagine, in questa serie intitolata con l'anno di nascita e l'anno di morte di sua madre compie un itinerario inserendosi mimeticamente in immagini del passato, quasi come tentativo di esorcizzare un lutto e di tenere in vita il legame con la madre.


Ai volti, alle amicizie, alle feste, agli incontri che la madre era solita fotografare si aggiunge l'artista che si inserisce sempre in un atteggiamento di curiosità, come nel tentativo di voler capire una realtà lontana e di interpretarla.