venerdì 18 maggio 2012

Succede a Firenze # 3 GIULIANO MONTALDO






Giorni fa ho avuto il privilegio di assistere ad un incontro con il regista, attore, sceneggiatore Giuliano Montaldo. Completo grigio, cravatta e pochette rossa, lo stile di una volta ed un'ironia pungente e attuale. Gentile, disponibile e molto brillante Montaldo, classe 1930, ha intrattenuto il pubblico dell'Auditorium Stensen dopo la proiezione dei suoi 2 ultimi film: I demoni di San Pietroburgo (2008) e l'Industriale (2011). L'occasione è un'interessante rassegna su Cinema e Lavoro, 2 temi indubbiamente di grandissima attualità.

"Ricordo quando da giovane girai qua a Firenze, come attore, Cronache di amanti nel ruolo del pizzicagnolo di via del Corno ridoppiandomi da solo, ammetto, con parziale successo (ride). La mia ragazza, che di lì a poco sarebbe diventata mia moglie dopo avermi vista al cinema mi disse 'sei un cane!' Racconta ridendo il regista di Giordano Bruno e Sacco e Vanzetti.

A Prato con Pontecorvo girammo Giovanna sull'occupazione di una fabbrica tessile, e sempre a Firenze invece ho girato parte di Giordano Bruno.


Non rivedo mai i miei film per non soffrire. Vedete, il vero produttore di un film dovrebbe essere il Padreterno, perché non sapete quante volte succede che sul momento di girare una scena gridi: Motore, Azion... e comincia a piovere, così quella che doveva essere una bella scena girata in esterna diventa un buco in interno.


Gli occhiali d'oro 1987

Ecco, quando rivedo questi momenti sullo schermo mi viene sempre da piangere, e io non voglio piangere!

I demoni di San Pietroburgo e L'Industriale vengono dopo una lunga pausa, durata venti anni.

Sono stato fermo così a lungo a causa di un fallimento. Racconta schiettamente Montaldo: Nel 1989 ho girato Tempo di uccidere tratto dal bellissimo libro di Ennio Flaiano.


Avevo fatto i sopralluoghi in Etiopia in un momento molto difficile perché era in corso la guerra fra etiopi ed eritrei. Ricordo che, a testimonianza della permanenza degli italiani da quelle parti trovai dei camion ancora perfettamente in funzione. L'ambasciatore italiano mi fece sapere era pericoloso girare un film in Etiopia soprattutto per attore e regista. Il protagonista era Nicolas Cage e appena il suo agente seppe di questi rischi si tirò immediatamente indietro. I contratti però erano già pronti finimmo in Kenia, dove, siccome era appena stato girato un film holliwoodiano ad alto budget i costi erano altissimi e quindi siamo andati nello Zimbawe.
Tutto quel girovagare mi aveva svuotato, era come se avessi programmato di girare un film ad Helsinki e fossi finito a Marrakech. Avvertii un profondo malessere che malgrado l'affetto e la solidarietà della troupe, di protrasse fino alla fine delle riprese.


Che un autore debba sopportare tutto questo è davvero crudele, e lo è ancora di più se si pensa che il nostro mestiere è davvero molto precario. Nel cinema spesso si fa caso solo ai compensi milionari delle star ma ci sono anche tante maestranze e quando finisci un film non sai mai se e quando potrai fare il prossimo, e allora vai in giro come un accattone (come ci definì Brunetta). Dopo questa esperienza ho avuto la fortuna di dedicarmi all'opera lirica curando diversi allestimenti e sono stato presidente di Rai Cinema vivendo finalmente l'avventura dall'altra parte. Nei colleghi che ho cercato di aiutare spesso rivedevo me stesso, ma in quei 5 anni non ho scattato neanche una fotografia.

Durante la mia carriera ho sempre cercato di fare film che comunicassero la mia sofferenza nei confronti dell'intolleranza e penso che Sacco e Vanzetti, Giordano Bruno e Gli occhiali d'oro identifichino bene il mio punto di vista.

Sacco e Vanzetti (1971)



Gli occhiali d'oro (1987)

Di solito vengo a sapere che è passato in tv un mio film dal mio garagista: "Dottor Montaldo, ieri sera ho visto Il Giocattolo con Manfredi, che bel film!" oppure "Hanno dato Sacco e Vanzetti, lo sa che mi sono emozionato!" e ancora "Dottore, che scena quella in cui Giordano Bruno va al rogo!". Quando io gli chiedo a che ora li abbia visti la sua risposta varia da le 3, le 3,30 e le 4. Ebbene sì, i miei film li trasmettono a quell'ora, ma quello che mi rende felice è che almeno non sono interrotti dalla pubblicità.

La fatica e la gioia del mestiere sono affidate emblematicamente ad un ricordo delle riprese fiorentine di Giordano Bruno: Quasi tutti i luoghi di culto ci erano stati vietati, ma il sacerdote titolare della chiesa di San Lorenzo ci dette il permesso di girare nelle Cappelle Medice. Gian Maria Volontè, da sempre preso dalle sue battaglie politiche mi aveva riempito il set di comparse cilene.


L'ultimo giorno delle riprese prima della pausa di Pasqua era venerdì Santo ed eravamo tutti in agitazione perché avevamo premura di finire, Gian Maria venne da me con un anziano signore cileno chiedendomi di trovargli qualcosa da fare sul set. Aveva un viso interessante perciò lo usai come comparsa nel ruolo di un cardinale, quindi lo faccio vestire di rosso e gli faccio mettere una croce dorata.


Durante una pausa dalle riprese questo signore si allontanò vestito da cardinale e cominciò a impartire finte benedizioni a tutti i sacerdoti e le suore che incontrava. Il monsignore che ci aveva aperto le porte delle cappelle medice se ne accorse, lo accompagnò ad una scalinata e lo mandò via con un gran calcio nel sedere, poi venne da ma, comprensibilmente arrabbiatissimo e mi disse di sgomberare. Allora andai da lui nel suo ufficio terrorizzato, balbettando 3 o 4 cose che avevo imparato da chierichetto e dicendoli che se non mi faceva finire probabilmente avrei avuto un infarto, proprio là davanti a lui. Lui si impietosì e mi disse: "vada giù, finisca, e non si faccia più vedere!". Ma noi invece ci siamo rivisti, io andai a trovarlo e ci abbracciammo.

A proposito de L'Industriale, ultima fatica del regista ligure con protagonisti Pierfrancesco Favino e Carolina Crescentini, presentato all'ultima Festa del Cinema di Roma che racconta la storia della crisi umana e professionale di un imprenditore torinese che vede a rischio la sua azienda: Il film lo abbiamo pensato verso la fine del 2010 e di certo non immaginavamo che quel mare mosso diventasse questo tzunami terrificante.



Quello che dico sempre dopo tutte le proiezioni di questo film è che adesso siamo in una fase di vero e proprio "sboom" economico. In questi momenti ricordo un'immagine di mia madre e di mio padre durante la guerra abbracciati davanti alla nostra casa distrutta dopo un bombardamento. Le bombe non sceglievano tra ricchi e poveri, noi ci eravamo nascosti in un rifugio e al nostro ritorno avevamo trovato solo macerie. In quel momento gli italiani si sono rimboccati le maniche tutti insieme e ce la hanno fatta. Adesso dobbiamo farcela di nuovo, forza Signori, diamoci da fare!

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